Il libro ‘Renziani della prima ora’ al circolo Aniasi di Milano

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Il 20 Gennaio del 2025, presso la sede del circolo del Pd “Aniasi” a Milano, è stato presentato il mio libro “Renziani della prima ora. 2012-2016 una stagione del PD” (qui per leggere il libro). Partecipavano, oltre a me, Emanuele Fiano, già deputato del PD, Lisa Noja, consigliere regionale in Lombardia e Barbara Pollastrini, Presidente Direzione regionale del PD, anch’essa ex parlamentare di lungo corso. Moderava l’evento Tiziana Scalco del Circolo Aniasi. Le domande di Tiziana Scalco, gli interventi dei relatori e il dibattito che ne è seguito sono stati di grande interesse. Dopo la presentazione della serata da parte della moderatrice, sono intervenuto con una mia introduzione al libro (riportata di seguito). Tiziana ha poi dato la parola ai vari relatori.

Emanuele Fiano ha ripercorso la sua storia parlamentare nel periodo coperto dal libro, innanzitutto ricordando la carica innovativa e il grande consenso raccolto da Matteo Renzi, sfociato nella straordinaria vittoria del PD alle elezioni europee del 2014. Ma anche una serie di scelte sbagliate, alcune operate già dal Governo Letta con Renzi segretario (abolizione del finanziamento pubblico dei partiti), carenze nella conduzione del partito e, soprattutto, la rottura del patto del Nazareno con Berlusconi (per la nomina del Presidente della Repubblica) come cause determinanti la sconfitta al referendum costituzionale.

Barbara Pollastrini, nonostante nel suo percorso politico non sia mai stata una sostenitrice di Renzi, dalla lettura del libro ha percepito e riconosciuto che coloro che militavano nei movimenti Adesso! avevano passione (e la politica per lei è soprattutto passione e sentimento). Poi ha ricordato (con Emanuele) una serie di avvenimenti interni al gruppo PD in Parlamento. La cosa più negativa del Governo Renzi, per Barbara, è stata quella di negare l’importanza dell’intermediazione, portando come esempio la modalità con cui fu varata la legge sul lavoro (Jobs act).

Lisa Noja ha sottolineato il grande impatto di Renzi su una generazione che aveva abbandonato la politica rigenerandone l’entusiasmo. Si percepiva un cambiamento “agito”. Ed ha concluso affermando che la ricostruzione di una forza vincente nel centro sinistra non può che partire da Milano, la “nostra” città.

Tutti i relatori, seppur con toni diversi, si sono mostrati perplessi sul rapporto oggi con i 5 stelle, soprattutto per l’ossessione sulla questione delle alleanze, che fa perdere di vista una idea convincente ed efficace di “Sinistra”. Il cambiamento della legge elettorale in senso proporzionale aiuterebbe molto ma tutti la ritengono irraggiungibile, dati i rapporti di forza nel Parlamento a favore di una destra che ha tutto l’interesse affinché la legge elettorale resti quella che è. Il dibattito, anche gli interventi dal pubblico partecipante, decisamente numeroso per la presentazione di un libro, è stato pervaso da correttezza e disponibilità all’ascolto. Un evento così bello e pieno di speranza come non vedevo da anni.

Il mio intervento introduttivo

Credo sia opportuno chiarire che questo libro non è un’apologia di Matteo Renzi. Contiene una adesione, mai settaria, alla sua attività di Presidente del Consiglio e non poche critiche a quella di Segretario del Partito Democratico. Esso raccoglie articoli che, in presa diretta, riflettevano sui temi trattati all’interno di un movimento, quello dei cosiddetti “Renziani della prima ora”, che costituiva una comunità dai contorni molto precisi: erano coloro che avevano appoggiato in modo militante Renzi nelle primarie del 2012 per la candidatura a Presidente del Consiglio, in opposizione a Bersani. Si tratta di 113 scritti elaborati fra il 2012 e il 2016, di cui 101 pubblicati allora su riviste on line, che non esistono più tranne Linkiesta, a firma mia (in due casi con Diego Corrado e in due, di argomento trasportistico, con Bruno Ginocchini e Gigi Napoli, esperti del settore). Sono organizzati in 9 capitoli tematici e al loro interno in ordine cronologico. Tali articoli, pur fermandosi nel 2016, sono stati scritti nel contesto di una stagione del PD e del Paese che oggi riconosciamo come quella del passaggio dal potere di Berlusconi (finita nel 2012) a quella del potere populista, inaugurata dal governo detto “giallo-verde” formato da 5 stelle e Lega nel 2018. Il loro leit motiv era la necessità di affermare la priorità delle “politiche” ovvero dei programmi e delle competenze, rispetto alla “politica”, ovvero alla logica del potere (nel libro il riferimento a Machiavelli è ricorrente).

Il movimento, attivatosi di fatto con la Leopolda del 2010, cercò di sviluppare una identità del PD in tale direzione. Quando nel 2007 si fece la fusione fra gli eredi del PCI e i cattolici di sinistra della DC, ovvero la Margherita, il marxismo, ideologia forte della sinistra, era già in crisi da molto tempo, da quando il suo determinismo, pur così ricco di idee nuove, si era scontrato con la fattualità della storia. Dal 1989, poi, era sparito definitivamente dall’orizzonte dei partiti di sinistra, senza essere sostituito da un’altra ideologia altrettanto forte e coinvolgente. La sinistra cattolica, d’altra parte, aveva sempre avuto una connotazione pragmatica più che ideologica, grazie alla quale riusciva a conciliare potere e solidarietà. Il PD renziano ottenne un consenso mai avuto prima da un partito della sinistra, ma la promessa nuova identità non si consolidò mai, anche se va dato a Renzi il merito di avere evidenziato la necessità, nel partito, di un cambiamento netto rispetto ai vecchi canoni marxisti e del cattolicesimo sociale.

Gli scritti raccolti nel libro individuavano almeno due criticità che impedirono la realizzazione di tale obiettivo.

1. La prima risiedeva nella mancanza, in Renzi, di un pensiero strutturato.

Renzi prendeva spesso a riferimento Tony Blair e la sua “terza via”. Però Blair aveva rifondato il partito laburista inglese partendo non solo dal pragmatismo britannico ma anche da una teoria forte, quella di Antony Giddens (restituita nel libro “Oltre la destra e la sinistra”), che ipotizzava un nuovo “radicalismo” da contrapporre alle due idee storiche del socialismo (marxista e non) e del liberalismo. Riprendendo in senso laico il tentativo di Wilhelm Röpke nei primi anni del secondo dopoguerra, che con il suo “ordoliberalismo” voleva conciliare in un nuovo pensiero strutturato le idee liberali con quelle cristiane. E quanto scrisse in tempi ancor più lontani Carlo Rosselli nel suo “Socialismo liberale”.

Renzi in tal senso ebbe alcune importanti intuizioni e fu capace di trasmetterle con la sua indubbia capacità oratoria, motivando così un grande numero di cittadini, bisognosi di una tregua rispetto alla contrapposizione snervante destra-sinistra della età berlusconiana. Ma proprio sul terreno della ideologia, ovvero dell’articolazione anche teorica di una serie di proposte, Renzi non fece nulla di analogo a quel che fece Blair. Anzi, allontanò da sé una serie di compagni di viaggio che avrebbero potuto contribuire ad elaborarla. Ad esempio Salvatore Vassallo, che era parlamentare e fondatore del PD, neppure ricandidato al Parlamento; Giuliano da Empoli, che era stato suo assessore alla cultura di Firenze e che tornò a fare il suo mestiere di docente e scrittore; Luigi Zingales, economista di spessore, che si allontanò per imbarcarsi in una improbabile alleanza con Oscar Giannino; Giorgio Gori, che dovette conquistarsi in solitudine la carica a sindaco di Bergamo. Per inciso, nessuno di questi era di matrice marxista. Tutti erano stati presenti accanto a lui nelle prime Leopolde, in cerca, con i loro scritti e le loro idee, di un nuovo modello politico. Di fatto la terza via di Renzi fu una continua, pragmatica mediazione fra il pensiero socialista e quello liberale (come suggeriva anche la sua matrice cattolica).

Il comitato di Milano centro (che aveva sede proprio all’Aniasi) temerariamente provò a strutturare un pensiero, durante le primarie del 2012, lavorando sui suoi discorsi, le sue interviste e sul materiale (poco organizzato) che arrivava da Firenze, sede del coordinamento centrale. Le dieci pagine di questo documento, finora mai pubblicato ma solo divulgato a Milano in campagna elettorale, si può trovare a pagina 18 del libro con il titolo: “Il programma di Renzi per le primarie del 2012”.

2. La seconda criticità, che si connette alla prima, riguardava la mancanza di un ricambio nella dirigenza del partito nei territori.

Per tutta risposta, alla Scuola di formazione politica del PD il 13 marzo del 2016 Renzi affermava: “A chi dice che la rottamazione c’è dappertutto tranne che qui nei territori io ripeto: dovete pensarci voi”. E infatti i renziani milanesi fecero eccezione conquistando la segreteria metropolitana con Pietro Bussolati e pure quella dell’Aniasi con Marco Leonardi, ma a Bologna e in altre parti del Paese, dove il PD era molto più radicato, rimasero gli stessi uomini di prima (si veda a pagina 150: “Lo strano caso del PD bolognese”).

Sia sulla mancanza di un pensiero strutturato che su quella di un ricambio di uomini nei territori, temi che riguardavano essenzialmente l’azione di Renzi come leader del partito, i movimenti Adesso! e similari (costituiti prevalentemente dai “renziani della prima ora”) già alla fine del 2014 a Bologna cominciarono a dividersi. L’elemento scatenante furono le primarie per la candidatura a Presidente della Regione Emilia Romagna (regione nella quale Renzi non aveva di fatto sostituito nessuno dei vecchi dirigenti di partito). La spaccatura riguardava l’azione del Renzi segretario del partito, perché tutti invece continuarono a dare pieno sostegno all’azione del suo Governo. Alcuni militanti sostenevano che Renzi avesse generato un movimento del quale lui stesso sembrava non avere consapevolezza (Renzi nella Direzione nazionale del Pd del 4 aprile 2016 avrebbe infatti dichiarato: “il primo che si chiama renziano si deve far curare da un medico”). Altri invece ritenevano che le sue ambiguità nei territori non fossero poi così importanti e che comunque quello che contava era la sua leadership vincente. I primi erano prioritariamente attratti dalle idee che, pur senza sistematizzazione, Renzi aveva divulgato. Gli altri, cui continuavano ad aggiungersi nuovi adepti, erano soprattutto affascinati dalla persona del leader e dalle sue strepitose vittorie elettorali.

I sostenitori di Roberto Balzani alle elezioni regionali in Emilia Romagna vedevano il loro candidato mettere al primo posto proprio le “politiche”, al contrario di Stefano Bonaccini che riteneva prioritaria “la politica”, ovvero costruire alleanze dentro il partito. Roberto Balzani in Emilia-Romagna dichiarava apertamente che da Presidente avrebbe trasferito deleghe e relative risorse alla Città metropolitana in tema di trasporti, welfare e formazione professionale (si veda a pag. 138: “Perché voto Roberto Balzani”).

Nel 2016 avvenne qualcosa di simile anche nelle primarie per la scelta del candidato a sindaco di Milano. Francesca Balzani versus Beppe Sala. Anche Francesca Balzani affermava che, se eletta, avrebbe dato più poteri alla Città metropolitana e infatti, nel suo entourage, avevano un ruolo di primo piano alcuni consulenti, anche se non sempre ascoltati alla lettera, esperti in pianificazione territoriale e ambientale (come Stefano Boeri e Mirko Mejetta), di politica delle acque e di assetto idrogeologico (come Giuseppe Santagostino), di trasporti (come Andrea Boitani e me) (si veda a pag 197: “Le primarie milanesi a pochi giorni dal voto”). In entrambi i casi i candidati che puntavano sulle “politiche” persero le primarie. E i loro supporter, per disciplina di schieramento, sostennero Bonaccini nelle elezioni contro il suo competitore leghista e Sala in quelle contro Parisi, ma molti di loro un po’ alla volta abbandonarono la militanza attiva pur conservando interesse per la politica delle competenze. Quella spaccatura, secondo me, fu il segnale di un regresso del movimento che avrebbe contribuito, non poco, alla fine dell’esperienza renziana nel PD.


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4 risposte a “Il libro ‘Renziani della prima ora’ al circolo Aniasi di Milano”

  1. Avatar Graziano Bassini

    Sono arrivato alla metà del libro, l’ho trovato molto interessante.
    Sono curioso di leggere la parte finale dove scrivi di un argomento che conosci molto bene.

  2. Avatar Graziano Bassini

    Ottimo libro che carico di documenti fa la storia di un periodo che ho condiviso. Sono curioso di leggere la seconda parte dove l’autore scrive di un argomento che conosce bene

  3. Avatar Milena Mingucci
    Milena Mingucci

    Articolo molto lucido ed interessante, condivisibile anche dai non elettori di sinistra. La sua completa comprensione richiede peraltro una cultura non solo politica che a me manca. Mi riprometto di rileggere il tutto con calma per comprenderlo ed apprezzarlo appieno e di leggermi anche il libro

  4. Avatar Bruno Ginocchini
    Bruno Ginocchini

    Avendo letto il libro (come avrei potuto non farlo?) permettimi, caro Renzo, di farti i miei complimenti per la capacità di sintetizzarne i contenuti principali in questo articolo.

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