“Sono nato a Rimini il 2 agosto del 1947. Mio padre apparteneva a una famiglia riminese di costruttori. La consuetudine era che si cominciasse col fare il manovale, poi si diventasse muratore e infine capomastro. Dopo la guerra, durante la quale dovette subire due anni di campo di concentramento in Germania, avviò una attività commerciale, proprio nel settore delle costruzioni, che rese la famiglia benestante. Mia madre, che ha praticato il lavoro di sarta fino al matrimonio, era dotata di una grande fantasia. Entrambi hanno lasciato segni profondi nel mio carattere e inciso sulla scelta dei miei studi.

Avevo un fratello, più grande di otto anni, che si diplomò geometra e andò a lavorare con mio padre. A me rimaneva il compito di fare il salto definitivo: laurearmi in ingegneria civile. Iniziai l’Università nel 1966 al Politecnico di Milano e il ’68, pur senza coinvolgermi in ruoli militanti, solleticò la mia dimensione più curiosa del mondo: gli studi hanno sempre avuto la priorità sugli ideali giovanili, ma l’interesse per la politica allora maturato non mi ha più abbandonato.

Nel 1970, non ancora laureato, mi sono sposato con Patrizia, studentessa di architettura al Politecnico.

In cinque anni ottenni la laurea in Ingegneria civile, scegliendo l’indirizzo strutturistico appena costituito. Feci il servizio militare, allora obbligatorio per 15 mesi, da ufficiale di complemento in Artiglieria in una caserma di Bologna. Fu così che, rispondendo ad un annuncio sul giornale locale, fui assunto come ingegnere calcolatore presso una grande impresa cooperativa bolognese, la Edilter, seconda per dimensione e importanza solo alla CMC di Ravenna. Nei primi 5 anni fui un addetto del Servizio Progetti e Ricerche e mantenni vivo l’interesse politico facendo il delegato aziendale della CGIL e anche il consigliere di quartiere, seppur per un breve periodo data la mia insofferenza per le logiche di schieramento prevalenti sui contenuti delle politiche. Poi diventai responsabile del Servizio stesso, formando un gruppetto di strutturisti di notevole qualità, ma al decimo anno di questa attività tecnica, ambizioso di fare carriera e forte di una certa capacità nella gestione delle risorse umane, abbandonai il ruolo “professional” per diventare Project Manager sui cantieri. Ho fatto il dirigente per tutto il resto della mia attività lavorativa. Nel 1989 passai a Italstrade, impresa del gruppo Iri Italstat, la seconda in Italia dopo Cogefar per dimensione ma probabilmente la numero uno per qualità dei prodotti. Il ruolo era quello di Direttore centrale.

La crisi di mercato nelle costruzioni, conseguente a Tangentopoli, colpì pure Italstrade anche se non fu mai coinvolta in quella indagine giudiziaria. Di conseguenza lasciai la società ed entrai con un contratto a termine in Regione Emilia Romagna, come Direttore generale ai Trasporti e Sistemi di mobilità, intraprendendo un percorso nella Pubblica Amministrazione che non ho più abbandonato fino al pensionamento.

Lavorai cinque anni in Regione, tre anni in Comune di Reggio Emilia come City manager (ruolo appena istituito con la riforma Bassanini della Pubblica amministrazione), per approdare poi alla SEA, la società che gestisce gli aeroporti di Milano, nel ruolo di Direttore esecutivo e delle Costruzioni. Conclusi la mia attività manageriale come Direttore delle costruzioni di Expo 2015. Me ne andai dopo aver portato a termine il masterplan dell’area con gli architetti Stefano Boeri, Ricky Burdett e Jacques Herzog.

Ritirato dall’attività professionale fui consulente per alcuni anni della società di ingegneria Arup Italia, ma soprattutto cominciai a scrivere libri: al 2023 quattro romanzi e un’autobiografia

Sempre, e ancora oggi, ho cercato di far convivere la solidità sul lavoro ereditata da mio padre con la fantasia che mi ha trasmesso mia madre. Anche nello svolgimento delle mansioni più tecniche sono stato interessato ai più vari aspetti dell’attività umana. Ed è questo di cui oggi trovo tracce nel mio archivio.

Mentre elaboravo un manuale per la realizzazione di pareti portanti con la tecnologia del coffrage tunnel mi interessavo alla pianificazione di alloggi in Madagascar sfruttando i materiali locali: argilla per costruire mattoni, legno dei boschi per realizzare gli infissi. Progettai allora, con un’equipe di architetti e con l’aiuto di aziende produttrici, residenze, segherie e fornaci. Percorsi in lungo e in largo, sia di persona sul luogo, sia studiando le carte a disposizione, il sistema dei trasporti in quel paese: una strada che collegava sull’altopiano la capitale Antananarivo con la città di Fianarantsoa; una ferrovia che da Antananarivo arrivava al porto più importante sull’Oceano Indiano; il sistema dei piccoli approdi lungo le due coste. Il tutto per potere allocare nei luoghi più idonei le fabbriche e gli insediamenti abitativi. Una passione per i luoghi che ho scoperto via via e che ho ampiamente coltivato nei tanti viaggi per turismo.

In Italstrade seguii per un certo periodo la realizzazione di un nuovo palasport a Milano, in sostituzione di quello crollato con la nevicata del 1985. Quando arrivai esisteva già un progetto di Aldo Rossi. Lo stimai costosissimo, e per fortuna fu bocciato dal Tar per problemi urbanistici. Con l’architetto incaricato degli esecutivi andai allora a Rio de Janeiro per contattare Oscar Niemeyer. Dieci giorni di lavoro con un grande architetto oltre che un grande uomo. Mise a punto un progetto di massima e un plastico e non volle che andassimo a Brasilia perché non si riconosceva in quello che la città era diventata. Prima di partire gli chiesi l’entità del compenso per il suo lavoro e lui rispose: “l’ho fatto perché sei mio amico, anche tu come me ami le donne, non voglio nulla. Dovete solo pagare la maquette. E non chiedermi di venire a Milano perché ho paura dell’aereo. Mondadori per la sede di Segrate mi convinse ma non lo farò mai più.” Aveva più di ottant’anni, è morto a 105.

Il progetto non fu mai realizzato per eventi imprevisti che cambiarono la guida dell’amministrazione comunale milanese.

In Regione Emilia Romagna feci con i miei collaboratori una bellissima esperienza di benchmarking per incentivare le aziende di trasporto pubblico locale che ne avevano il monopolio, una per ogni provincia. In considerazione della concorrenza sul libero mercato, individuammo le eccellenze di ognuna di loro e la indicammo come target per le altre. Chi lo avesse raggiunto avrebbe ricevuto un premio economico. Ottenemmo un indice di efficienza al di sopra degli obiettivi indicati dall’UE.

Nella mia mansione di City manager a Reggio Emilia fondai con alcuni colleghi il coordinamento dei Direttori delle città medie, una esperienza di scambio che ha contribuito fortemente a migliorare i risultati dell’Amministrazione.

In SEA attivai e portai a termine un Project financing, uno dei pochi realizzati in Italia senza comportare rischi per il committente pubblico. L’albergo Sheraton a Malpensa fu costruito da una società privata che avrebbe ripagato l’investimento con i proventi della gestione. E per le banche che la finanziarono era previsto uno “step in” nel caso di default: se la società falliva non potevano rivalersi su SEA, ma solo subentrare nella gestione. Di solito quello che viene chiamato Project financing è l’investimento di un privato che si ripaga sì con la gestione, ma in caso di fallimento sono l’ente o la società pubblica a dover subentrare o dare ulteriori contributi.

In Expo 2015 costituii l’Ufficio di piano per la realizzazione del Masterplan. In poche settimane gestii la selezione per l’assunzione di una cinquantina di persone, in maggioranza giovani neolaureati.

Nei sei mesi a Londra, quando ero visiting di Arup UK,    abitavo in un residence in South Kensington, posizionato in Old Brompton Road. Fu l’occasione per setacciare quella città nel molto tempo libero che avevo a disposizione, usando solo mezzi pubblici e con lunghe camminate: architetture di pregio, musei e teatri di musica classica e balletto sono state le mete di un soggiorno che è vivissimo nel mio ricordo.

Rientrato in Italia, oltre che scrivere libri ebbi un “innamoramento politico” per Matteo Renzi. Lo vedevo come un innovatore e mi ricordava il clima di cambiamento radicale che avevo vissuto nel ’68. Lo sostenni nella campagna elettorale per le primarie perse contro Bersani nel 2012 e successivamente, dimessosi Bersani, nel suo ruolo di segretario del PD e di presidente del Consiglio.    Fece una legge di riforma costituzionale che condividevo pienamente. Renzi era talmente convinto di vincere il Referendum approvativo che, da sbruffone quale è, disse che se lo avesse perso si sarebbe ritirato dalla politica. Fu sconfitto ma non mantenne la promessa. Non tollero chi rinnega la parola data. E abbandonai lui e la politica in generale, pur continuando a tenermi aggiornato su tutto quel che succedeva. Uno dei miei libri rilegge, con fantasia, quella fase.”.

1 agosto 2023